Può un lavoratore essere licenziato solo perché più vicino alla pensione rispetto ai suoi colleghi? La risposta è si, almeno stando a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 24755/2018, che ha sostanzialmente dato ragione al datore di lavoro, ammettendo che è possibile individuare i lavoratori da licenziare sulla base del criterio della loro vicinanza al momento della pensione, sulla base dell’intesa collettiva che è stata consolidata con le parti sindacali.
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Pareri discordanti tra i giudici territoriali
La vicenda giunge in Cassazione su ricorso del datore di lavoro, dopo che la Corte d’Appello di Firenze aveva riformato la sentenza del tribunale locale, dichiarando la nullità del licenziamento che era stato intimato a un dipendente.
Il motivo della sentenza di nullità, per la corte territoriale, era che il datore di lavoro avrebbe utilizzato in maniera non corretta il criterio della vicinanza all’accesso alla pensione per poter stabilire chi dovesse o meno essere licenziato. Per la Corte, in altri termini, non solamente era stata violata la procedura in sé, bensì era anche stato leso il principio di trattamento paritario cui l’ordinamento fa determinare il licenziamento nullo.
Legittimo il licenziamento del lavoratore vicino alla pensione
Gli Ermellini non sembrano però essere dello stesso accordo. Richiamando alla mente una precedente sentenza su caso ritenuto simile, i giudici della Suprema Corte evidenziamo come in materia di licenziamento collettivo, rivolto a ridimensionare l’organico per poter diminuire il costo del lavoro, il criterio di scelta riconducibile all’accesso o meno al prepensionamento potrebbe essere validamente applicato a ogni dipendente della società, al di là del settore di assegnazione, e senza che si abbia rilievo per i settori di azione di manifestazione delle criticità che hanno fatto scaturire la decisione del datore di lavoro.
Ritenendo che esistano due diversi orientamenti in materia, la Cassazione decide con forza di aderire a quello secondo cui l’adozione di un criterio della maggiore vicinanza alla pensione sarebbe del tutto coerente con la finalità della ricerca di un minore impatto sociale, considerato che è astrattamente oggettivo e concretamente verificabile, e pertanto rispondente alle necessarie peculiarità di obiettività e di razionalità, come più volte evidenziate dalla Suprema Corte.
Dunque, per la Corte di legittimità sarebbe del tutto giustificato l’uso di tale criterio, in una procedura che – peraltro – ha fornito la giusta valorizzazione alle procedure collettive ai diritti di informativa sindacale, che sono previsti come presidio dello svolgimento consapevole delle trattative e delle intese, oltre che dal ruolo – giudicato essenziale – garantito dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori sulla scelta delle soluzioni che possano minimizzare l’impatto e gli oneri sociali di una riorganizzazione dell’assetto produttivo dell’azienda.
Pertanto, la Corte di Cassazione ritiene del tutto legittimo l’utilizzo di un criterio di scelta quale quello della maggiore vicinanza dei lavoratori licenziati al prepensionamento e al momento della pensione, all’interno di una procedura di accoro con le parti sindacali. Per tali motivi, la Corte di Cassazione giudice come fondato il ricorso presentato sulle proprie scrivanie, e cassa la sentenza con rinvio al giudice di merito, evidentemente invitato a prender atto di tale orientamento.
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