Fare beneficenza in maniera efficace è certamente molto più utile che farla e basta. Entrambe le azioni sono ovviamente apprezzabili, ma la prima serve di più, anche se richiede più attenzione. Partiamo però dall’inizio: c’è davvero un modo più giusto di fare beneficenza rispetto a tutti gli altri? La risposta è: “ni”, nel senso che bisogna capirsi su cosa si intenda per “giusto”. Se per giusto intendiamo che una causa sia meglio di un’altra, allora ovviamente no, ciò è chiaramente un concetto sbagliato. Ma se per “giusto” vogliamo intendere il fare beneficenza nella maniera più efficace possibile, di questo si può certamente parlare in maniera più approfondita.

Fare beneficenza: c’è un modo più giusto?
Partiamo quindi dal fatto che nessuno ha il diritto di dire a qualcun altro in che modo quest’ultimo debba fare beneficenza. E, soprattutto, a chi. Chiunque ha il diritto assoluto di scegliere a chi donare i propri soldi (o nel caso, il proprio tempo, tramite volontariato, ma è un altro discorso). Che siano umani (bambini o anziani, della stessa nazione o provenienti da zone svantaggiate del mondo), o animali, tutti possono e devono poter scegliere a chi regalare un po’ delle proprie risorse, nel caso vogliano farlo, senza che nessuno debba provare ad orientare altrimenti in modo forzoso il loro desiderio.
Questo tipo di dinamiche solitamente sopraggiungono quando due (o più) persone che si dedicano ad un qualche tipo di causa benefica o di volontariato si incontrano. Ovviamente non sempre è così, ma se queste cause sono diverse, o addirittura molto diverse, può accadere che una di queste persone cerchi di convincere l’altra, o le altre, che la propria causa sia migliore e più importante. Per fare un esempio veloce, molte persone che spesso tra l’altro fanno a loro volta beneficenza (donando soldi o altro a cause che aiutano esseri umani), non capiscono chi la beneficenza la fa verso gli animali, ritenendo questo gesto sostanzialmente sprecato. Tale discorso non ha assolutamente alcun senso. Non avrebbe e non ha chiaramente senso nemmeno all’inverso. Chi vuole fare beneficenza, la fa a chi vuole lui e basta.
Ma facciamo un passo indietro, dicevamo: ci sono modi più efficaci di altri per fare beneficenza? La risposta a questo punto diventa un “sì”. Le aree per effettuare donazioni benefiche sono innumerevoli, ma si dividono sostanzialmente in due macro-settori: la beneficenza ad esseri umani e quella verso gli animali. Ribadendo che nessuno ha il diritto di imporre a nessuno a chi farla, il come farla però è molto importante. Ad esempio, un problema che praticamente da sempre i volontari fanno presente è quello che riguarda le iniziative dei donatori non indirizzate dai volontari. Non sempre tra l’altro questo può succedere, si può quindi parlare tranquillamente di quelle che chiameremo “donazioni inesperte”.
Questo problema non riguarda le mere donazioni economiche, in quanto chi elargisce denaro, semplicemente lo versa su un conto corrente in una quantità da lui stabilita. In questo caso, fatte salve eventuali truffe da cui è meglio imparare a difendersi, problemi non ce ne sono. Ma chi invece regala merce potrebbe tranquillamente incappare in questo inconveniente, per niente trascurabile. Ciò accade per varie ragioni, cerchiamo però di chiarire meglio il concetto principale, ovvero quale sia esattamente tale inconveniente. Per riuscirci, facciamo un esempio concreto: un’associazione animalista gestisce un gattile con all’interno 50 gatti. Questi 50 gatti mangiano due volte al giorno. Una persona, assolutamente onesta, in buona fede e per giunta molto generosa, conoscendo questa associazione decide di fare una donazione, comprando delle pappe per gatti. Quindi va al supermercato e acquista appunto 50 confezioni di pappa, pensando così do sfamare per almeno mezza giornata l’intero gattile. Ed in effetti succede esattamente questo. Cosa ci sarà mai di male si chiederà qualcuno. Di male, assolutamente nulla ovviamente. C’è un ma: il generoso donatore non è esperto di prezzi di pappe e così compra la marca di cui vede sempre la pubblicità in tv. Sicuramente ottima che però, per così dire si fa pagare abbastanza: una pappa di 80 grammi costa 0,90 centesimi. Ci sono prezzi anche più alti, ma marche meno conosciute costano molto meno. Così il donatore spende 45 euro per 50 pappe. Nello scaffale a fianco del supermercato c’era l’offerta di una marca di pappe meno nota (ma non per questo qualitativamente inferiore): confezione sempre di 80 grammi, prezzo 0,45 centesimi. Se il donatore avesse scelto quella marca, comprando 50 pappe avrebbe speso la stessa cifra, ma avrebbe ottenuto il doppio delle pappe, aiutando molto di più il gattile.
Ma allora perché non lo ha fatto? Le ragioni possono essere molte, ad esempio, si era comunque prefissato di comprare quella marca lì perché la conosceva. Oppure conoscendola non si è accordo dell’offerta a fianco per un banale meccanismo psicologico che ha influito sulla sua attenzione. Fatto sta che con la stessa cifra avrebbe potuto aiutare molto di più. Ora, tutta questa “spatafiata” appena scritta non è in alcun modo da prendere come una critica al donatore, che resta un esempio di generosità che tutti dovrebbero seguire. Però è una spiegazione tecnica di come si potrebbe aiutare di più, indirizzando al meglio le spese per le donazioni.
Giusto, ma come fare? Ci sono sostanzialmente due modi, uno un po’ più passivo e l’altro più attivo. Il primo è quello di seguire i consigli dei volontari, che solitamente indicano cosa e come comprare. Nell’esempio di prima, chi gestisce un gattile, sa esattamente cosa serve allo stesso gattile, quindi fare una telefonata per chiedere di cosa ci sia bisogno esattamente, o consultare il sito di riferimento o le pagine social per vedere se sia stato indicato qualcosa di specifico in merito, è certamente una buona pratica che aiuta a spendere meglio i propri soldi e fare beneficenza in maniera molto più efficace.
L’altro modo è quello di diventare esperti della materia. Se si vuole donare ad un gattile o ad un canile spendendo una determinata cifra e volendo essere il più efficaci possibile, è sufficiente consultare le offerte dei vari supermercati, dei negozi che vendono prodotti per animali e degli e-commerce, generalisti (ad esempio Amazon) o di settore. Si tratta di dedicare un po’ del proprio tempo a capire dove e cosa è più conveniente acquistare in un determinato momento. Per capirsi in maniera inequivocabile va tenuto presente questo (stando sull’esempio di prima). Gli animali nei rifugi, sono sempre o randagi, o rifiutati dalle famiglie che li avevano adottati, oppure ancora non rifiutati ma che per qualche ragione molto seria a chi li accudiva è diventato impossibile mantenerli (ragioni di salute, o economiche, quasi sempre).
Queste creature hanno bisogno di mangiare ogni giorno, non di mangiare le cose migliori. Non perché non se lo meritino, ma perché le cose migliori (o ritenute tali) costano di più ed a parità di spesa di un determinato numero di donatori la quantità acquistabile è minore. Quindi, i gatti del gattile di prima, avranno meno pappe a disposizione se chi acquista e dona non sta attento ai prezzi. Non che questo sia esattamente un bel discorso da fare, ma tant’è. E’ insomma un discorso molto concreto. L’efficacia non sempre corrisponde con quel che sembra meglio fare. E poi, a pensarci bene, anche dedicare un po’ del proprio tempo a ragionare su quale sia il metodo migliore per aiutare fa parte a tutti gli effetti del fare beneficenza.
Farla verso gli esseri umani, la beneficenza, non è molto diverso dal punto di vista concettuale. Un conto è donare soldi ad una causa, un altro è regalare merce. Anche in questo caso, se si decide ad esempio di comprare dei vestiti per una struttura che si occupa di bambini orfani, bisogna almeno fare qualche verifica. La prima è quella di capire se quella realtà ha davvero bisogno di vestiti, o, almeno in quel momento, necessita di qualcosa d’altro. Come già detto è preferibile fare una chiamata o consultare le pagine internet di riferimento.
Ammesso che abbia bisogno di vestiti, il secondo passo da fare è quello di conoscere bene l’età di almeno la maggior parte degli ospiti della struttura. In un posto dove vivono 20 bambini e in cui 15 hanno tra i 3 e i 6 anni (è un esempio con numeri del tutto casuali) avrebbe poco senso regalare 20 felpe per ragazzini di 11 anni. Dopodiché, come per le pappe dei gatti, va scelta ovviamente roba di buona fattura ma che costi poco. Inutile comprare una felpa di marca che costa 200 euro. Meglio 10 maglioni anonimi da 20 euro l’uno. Aiuteranno almeno la metà degli ospiti e non uno solo. Anche qui, spendere un po’ di tempo per cercare delle offerte è sempre consigliato.
Altro esempio diverso ma sostanzialmente simile. Ammettendo di voler aiutare una realtà che si occupa di persone povere e decidendo in questo senso di voler regalare merce alimentare, c’è primariamente una cosa a cui stare attenti. Cercando sempre le offerte (ad esempio usare i discount o sfruttare le promozioni dei vari supermercati), è bene orientarsi su cibi a lunga scadenza come ad esempio pasta o scatolette. Spendere 20 euro per comprare 20 scatolette di tonno è meglio che spendere la stessa cifra per comprare 4 bistecche. Saranno forse meno buone le scatolette, ma garantiranno molti più pasti. Le cose sono anche più complicate di così, ma basti sapere che la quantità è sempre preferibile alla qualità quando si dona a strutture che gestiscono molte persone. La donazione “bella” è appunto bella, ma serve a poco, mentre una donazione meno gratificante, ma che presuppone una quantità maggiore di merce è indubbiamente più utile.
La lunga scadenza poi, permette ai volontari o agli operatori della struttura di essere molto più elastici nel gestire le scorte alimentari. Anche qui, come per gli animali non è certo un gran bel discorso da fare, ma è meglio un brutto discorso e un aiuto più grande che il contrario.
Fare beneficenza economica
Il modo più veloce di fare beneficenza resta comunque indubbiamente quello di dare soldi per una o più situazioni di cui si condivide la causa. Il gesto è facile: si legge una storia, si decide di dare un aiuto, si trovano i dati per donare ed il gioco è fatto. Questo discorso in effetti lo abbiamo già accennato prima, ma cerchiamo di andare più a fondo. A chi donare? Per cosa? E quanto? Le risposte alle prima due domande sono molto soggettive e scoprire le risposte richiede un po’ di riflessione. Bisogna insomma farsi delle ulteriori domande: alcune di queste possono essere: preferisco aiutare le persone o gli animali (ovviamente una cosa non esclude l’altra)? E, quali persone (bambini, malati, anziani, poveri,) o quali animali (cani, gatti, altri animali meno “gettonati”). E poi, a chi voglio donare? A una grande associazione o ad una piccola realtà?
La risposta qui è difficile e appunto lo abbiamo accennato prima. Sostanzialmente dipende da in che modo ci si sente meglio, e quindi anche da di chi ci si fida di più. Non c’è una risposta giusta a prescindere, o per dirla meglio non c’è un’azione che, a prescindere, si possa definire migliore di un’altra. Si può semplicemente fare un piccolo bonifico una tantum, oppure farlo in maniera periodica senza aderire a cause specifiche, oppure farne di periodici, sempre alla stessa realtà o differenziandole.
O ancora si può partecipare a progetti specifici che quasi sempre gli enti benefici, piccoli o grandi che siano, propongono. La costruzione di una nuova struttura, o l’ampliamento di una esistente, il rinnovo dei locali o delle apparecchiature (una cucina più grande e più nuova in una mensa per i poveri, un macchinario nuovo per un ospedale). Si può adottare un bambino a distanza, così come lo si può fare con un animale. Si possono sostenere economicamente progetti d’insegnamento o di cura nelle zone svantaggiate del mondo. Le possibilità di scelta sono innumerevoli.
Una cosa che a grandi linee non è molto consigliabile è spendere cifre ingenti per fare cose molto visibili ma che servono a poco dal punto di vista della mera efficacia. Liberi di farlo, ma ad esempio pagare un viaggio in Italia (o in un altro stato ovviamente), ad un bambino del terzo mondo adottato a distanza, rischia di far spendere molti soldi per qualcosa di chiaramente meraviglioso per questo bambino, ma che però difficilmente gli garantirà un futuro nel suo paese. Si tratta infatti di spendere magari migliaia di euro che invece potrebbero essere utilizzati per mantenerlo e mandarlo a scuola per anni nel suo paese di nascita. Questo discorso non vale se il viaggio ha invece uno scopo molto preciso per il futuro di quel bambino, come ad esempio l’intenzione di adottarlo accogliendolo in casa. A questo ragionamento, che abbiamo fatto per una ragione molto precisa, si lega a doppio filo la terza domanda: quanto donare?
Quanto donare ovviamente dipende principalmente da due variabili: la prima è di quanto delle proprie entrate stabili si decide di poter fare a meno, la seconda, più assoluta, è ovviamente quante sono le proprie entrate stabili (quelle estemporanee sarebbe meglio non considerarle per motivi di prudenza, a dirla proprio tutta). Anche in questo caso, che ci si privi di 2 euro su 1500 o di 100 euro su 1600 mensili, nessuno deve dirvi cose tipo “è troppo poco”, “è troppo”. La beneficenza è una cosa così personale che, almeno in condizioni normali, nessuno ha il diritto di criticarla. Il senso del discorso di prima sul viaggio del bambino è però da spiegare meglio: spendere una cifra che potrebbe garantire a quel bimbo un futuro in patria di diversi anni, solo per fargli vivere un’esperienza unica può non essere una gran scelta. Ovviamente lui ne sarebbe felicissimo, ma una volta fatta quella spesa, bisogna chiedersi, si avranno ancora soldi e volontà di continuare a sostenerlo nel suo paese? Si, ok, è il terzo discorso mica tanto bello da fare questo, ma se foste quel bambino, dovendo scegliere, preferireste vedere l’Italia, o avere la possibilità di continuare ad avere dei pasti caldi e magari poter andare a scuola e costruirsi così un futuro? Attenzione, non è sbagliato nemmeno pagare un viaggio di piacere al piccolo per fargli vivere letteralmente un sogno, però l’importante insomma è non fare il passo più lungo della gamba. Occhio quindi alle proprie finanze anche a lungo termine, non solo nel caso dell’esempio appena descritto, ma sempre e comunque. Ci si potrebbe trovare ad accorgersi di aver speso troppo per aver dato retta ad un istinto, certamente meraviglioso ed apprezzabile, ma che dal punto di vista dell’efficacia non è esattamente il massimo desiderabile.
Concludendo, volendo elargire una cifra di denaro più o meno grande ad enti benefici, stante che nessuno deve poter dire a chicchessia cosa fare o peggio criticare il gesto compiuto da un donatore, quest’ultimo è bene che scelga le cause da seguire accettandosi esattamente del proprio interesse reale, e pensi in maniera oculata di quanto privarsi, utilizzando solamente criteri tecnici e senza farsi prendere, ad esempio da istinti di approvazione sociale. Non che ci sia niente di male, ma il rischio è chiaramente quello di trovarsi a spendere una cifra troppo grande rispetto a quella che si sarebbe voluta spendere inizialmente. Questo per non rischiare di trovarsi a mal partito in un futuro prossimo. Non è insomma consigliabile dare soldi seguendo un mero istinto solidale, che potrebbe essere ad un certo punto complicato da gestire, è invece meglio trattare il fare beneficenza un po’ come se fosse una sorta di mestiere, con criteri tecnici da seguire e (anche) limiti da rispettare.
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