Il diritto di ritenzione è il diritto che il creditore ha nel trattenere presso di se una cosa che avrebbe invece dovuto restituire al proprietario, allo scopo di spingere il debitore ad eseguire la propria prestazione e pagare il proprio debito al creditore. È un diritto che dunque incide sulla volontà del debitore, attraverso un mezzo di “pressione” che dovrebbe spingerlo a soddisfare il debito. Vediamo ora più nel dettaglio quali possono essere i margini di applicazione, e in quali ipotesi questo diritto può essere esercitato.
Indice
Diritto di ritenzione nel codice civile

Il diritto di ritenzione è diffusamente disciplinato all’interno del codice civile. L’art. 2756 afferma ad esempio che “i crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni o le spese. Il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese sia stato in buona fede. Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno”.
Come risulterà chiaramente intuibile, l’ultimo comma dell’articolo sopra annotato attribuisce al creditore un diritto di ritenzione della cosa, finchè costui non sia soddisfatto. In altri termini, l’art. 2756 cc. attribuisce al creditore il diritto di trattenere una cosa che egli avrebbe l’obbligo di restituire al proprietario, con la finalità di indurre quest’ultimo a soddisfare un suo debito.
Parla di diritto di ritenzione anche l’art. 2761 c.c., che ricorda come “i crediti dipendenti dal contratto di trasporto [1678] e quelli per le spese d’imposta anticipate dal vettore hanno privilegio sulle cose trasportate finché queste rimangono presso di lui. I crediti derivanti dall’esecuzione del mandato hanno privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene per l’esecuzione del mandato. I crediti derivanti dal deposito o dal sequestro convenzionale a favore del depositario e del sequestratario hanno parimenti privilegio sulle cose che questi detengono per effetto del deposito o del sequestro”.
Una particolare forma di diritto di ritenzione è poi inerente l’art. 2794, rubricato “Restituzione della cosa”, secondo il quale “colui che ha costituito il pegno non può esigerne la restituzione, se non sono stati interamente pagati il capitale e gli interessi e non sono state rimborsate le spese relative al debito e al pegno. Se il pegno è stato costituito dal debitore e questi ha verso lo stesso creditore un altro debito sorto dopo la costituzione del pegno e scaduto prima che sia pagato il debito anteriore, il creditore ha soltanto il diritto di ritenzione a garanzia del nuovo credito”.
Diritto di ritenzione della merce
Ricollegandoci alla conclusione del paragrafo precedente, rammentiamo come l’art. 2794 c.c., al comma 2, attribuisca al creditore un importante diritto di ritenzione sul bene oggetto di pegno a garanzia degli ulteriori crediti che questi eventualmente dovesse vantare nei confronti dello stesso debitore. Questa particolare forma di diritto di ritenzione della merce è naturalmente soggetto ad alcuni presupposti imprescindibili per l’esercizio del diritto di ritenzione: in particolare, i crediti dovranno essere nati successivamente al soddisfacimento della costituzione del pegno, dovranno essere scaduti anteriormente al soddisfacimento del credito garantito e, infine, il creditore dovrà aver concesso il nuovo credito tenuto conto del pegno ottenuto.
Lo scopo della normativa è dunque quello di stabilire l’impossibilità della restituzione del bene soggetto a pegno prima che il debito sia completamente soddisfatto, e assicurare così uno speciale diritto di ritenzione sulla merce in capo al creditore: non si tratta comunque di una prelazione a favore di ulteriori crediti, ma è solamente un mezzo per poter indurre il debitore a rispettare i suoi obblighi.
Diritto di ritenzione meccanico
Vediamo ora una particolare forma del diritto di ritenzione, in capo al meccanico di un’officina che effettua la riparazione dell’auto. Ovvero: che cosa accade se il meccanico che effettua la riparazione dell’auto non dovesse esser pagato dal proprio cliente? Il meccanico può trattenere presso di se la vettura fino a quando il cliente non corrisponde quanto dovuto?
Come abbiamo visto, il codice civile apre importanti margini affinchè il meccanico possa effettivamente esercitare il diritto di ritenzione. E più volte anche la stessa giurisprudenza ha accompagnato questa intuizione, garantendo dunque al meccanico e al carrozziere che hanno effettuato riparazioni e altri interventi, di poter esercitare questo diritto sui beni consegnati dai terzi. La Cass. Civ. Sez. III, con sentenza del 22/6/2009 già affermava che “qualora il proprietario della cosa (nella specie, autoveicolo), affidata da un terzo ad un prestatore d’opera perché vi esegua delle riparazioni, ometta di spiegare come mai chi ha consegnato il bene al riparatore si sia trovato a poterne disporre, ben può il Giudice di merito ritenere sussistente (in relazione ad una sua adeguata valutazione delle particolari circostanze di fatto) una praesumptio hominis di sussistenza della buona fede del soggetto che ha fatto le prestazioni, ai fini del riconoscimento del privilegio per il pagamento del corrispettivo, ai sensi dell’art. 2756, comma 2, c.c., apparendo ragionevole ritenere che il soggetto il quale abbia la disponibilità del bene e lo consegni per le riparazioni sia egli stesso il proprietario o un incaricato dell’incombenza da parte dell’avente diritto”.
La discriminante per l’esercizio del diritto di ritenzione sarà dunque legata alla verifica, caso per caso, se l’officina ha effettuato la riparazione in buona fede (ad esempio, effettuando interventi identici a quelli richiesti dal consumatore) e se sussiste effettivamente il credito. In caso negativo, come vedremo tra breve, il rifiuto a riconsegnare l’auto potrebbe configurare il reato di appropriazione indebita.
Diritto di ritenzione e appropriazione indebita
Come sopra abbiamo più volte ricordato, il confine tra diritto di ritenzione e reato di appropriazione indebita è abbastanza sottile. Affinchè dal primo non si sconfini nel secondo, è generalmente necessario verificare la sussistenza di un collegamento funzionale tra il bene e il credito, come abbiamo peraltro sottolineato in relazione al diritto di ritenzione del meccanico. È inoltre possibile integrare il reato di appropriazione indebita in tutte quelle ipotesi in cui il creditore, pur trovandosi in una delle situazioni previste dalla legge, cambi la propria “concezione soggettiva di potere sulla cosa” da semplice detenzione in proprietà (la c.d. interversione, che si verifica quando il comportamento del creditore sconfina oltre la semplice detenzione in garanzia e cioè quando egli compie sulla cosa atti di disposizione tipicamente esercitati dal proprietario). Pertanto, il diritto di ritenzione deve concretizzarsi nella semplice “non restituzione” del bene, e non in un suo utilizzo indiscriminato.
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