Negli ultimi anni il termine Intelligenza Artificiale (abbreviato IA) è sempre più ricorrente in praticamente tutti i settori, dal finance all’automazione industriale, fino anche alla cucina ed alla guida automobilistica.
Occupandomi di tematiche inerenti lavoro e Risorse Umane non ho potuto non concentrarmi sull’analisi dell’utilizzo (sempre più frequente) di sistemi di Intelligenza Artificiale nei processi di ricerca e selezione del personale. Ho anche realizzato anche un simpatico video pubblicato su Linkedin in cui esprimo le mie opinioni su un utilizzo corretto dell’Intelligenza Artificiale nella Selezione del personale da parte degli addetti ai lavori (riassunto: IA si, ma sempre con costante un controllo umano).
Mi sono reso tuttavia conto che molti professionisti della selezione non hanno ancora una idea precisa di cosa sia e come funziona l’Intelligenza Artificiale. Ho così deciso di coinvolgere uno dei massimi esperti nel settore: Gabriele Molteni, che su Linkedin si presenta come Artificial Intelligence & digital transformation for HR.
Gabriele è fondatore e CEO di Arca24, società tecnologica svizzera, tra le più conosciute nel mercato italiano delle Risorse Umane. Arca24 si occupa di sviluppo software legati alla gestione HR ed ovviamente di Intelligenza Artificiale nella Ricerca e Selezione del Personale.
Ad inizio anni 2000 eravamo colleghi in Adecco, come direttori di filiale, una palestra formidabile per le nostre future carriere nell’ambito HR.
Ho posto alcune domande a Gabriele, alle quali ha risposto con estrema chiarezza. Risposte utilissime per addetti ai lavori (Direttori del Personale, Società di Selezione, etc…) ma anche per candidati in cerca di nuova occupazione, che possono più approfonditamente capire come si muovono i moderni processi di Selezione del Personale
Marco: Cosa significa intelligenza artificiale?
Gabriele: Voglio dare una risposta non tecnica ma pragmatica: significa che la macchina è in grado di svolgere attività, tipicamente di natura umana, fornendoci un risultato. Però, al di là del mero significato, dobbiamo interrogarci sulle aspettative dei risultati che l’intelligenza artificiale ci può fornire.
Non dimentichiamo che tutto ha comunque come genesi delle regole descritte alla macchina direttamente dall’uomo.
I risultati prodotti sono interessanti, utili, ma non completi né esaustivi, per il momento. Oggi sono un buon semilavorato; nel futuro ci potremo aspettarci molto di più.
Marco: Come si applica in maniera pratica al Reclutamento ed alla ricerca e selezione del personale?
Gabriele: Le applicazioni sono molteplici e nascono tutte dalla volontà di far interpretare alla macchina una parte del processo. Arca24 si è concentrata sulla lettura automatizzata del CV, dell’offerta di lavoro, e, di conseguenza, sul matching tra i due grazie a un motore semantico specifico per il mondo del lavoro.
Sostanzialmente, i nostri software tentano di sostituire gran parte dello screening. Allo stesso tempo stiamo lavorando su un chatbot di selezione che sia in grado di raccogliere tutte le informazioni necessarie alla selezione del candidato. In entrambi i casi il software non fa nessuna valutazione.
È ancora troppo presto perché la macchina possa esprimere un giudizio con una marginalità d’errore simile a quella umana. L’IA è molto utile e il suo peso sarà sempre maggiore, ma vanno obbligatoriamente ponderate le aspettative rispetto al risultato che può produrre.
Marco: Quali fattori e variabili prende in considerazione l’IA?
Gabriele: Dipende da quale azione vogliamo che svolga la macchina. Un esempio: il nostro motore semantico contiene oltre 12 mila mansioni che vengono ricercate e pesate per definire le professioni del candidato. Queste prime 12 mila sono state ricercate e analizzate manualmente. Oggi, con un progetto di machine learning, stiamo chiedendo a un software di indicarci per ogni singola professione quali siano le mansioni che non abbiamo ancora considerato.
Il software non sceglie autonomamente, ma suggerisce. L’accettazione o il rifiuto di una mansione creerà ulteriori regole che la macchina imparerà per i futuri suggerimenti. Il risultato finale è un lavoro enorme, si parla di big data, che può essere svolto in modo automatico dalla macchina, che poi lei stessa impara e migliora.
Non c’è nessuna fantascienza alle spalle, ma tanta matematica.
Marco: Quanto è facile (o difficile) l’utilizzo e/o l’impostazione delle variabili da parte dei selezionatori?
Gabriele: Non è necessario rendere disponibile il setting delle variabili, anzi, la vera sfida è costruire qualcosa che non comporti uno sforzo dell’utilizzatore – in questo caso, di chi si occupa di selezione. L’obiettivo principale è permettere il miglioramento del processo selettivo, quindi di risparmiare anche tempo, per cui rendere complicato l’utilizzo della macchina in fase di setting comporterebbe una perdita del valore.
Il buon risultato sta nel tenere la magia nel codice che sviluppa e rendere disponibile solo il risultato finale. Nel nostro caso, non permettiamo al responsabile della selezione di incidere né all’inizio né durante il processo e nemmeno di incidere sull’algoritmo che determina il ranking dei candidati, ma lasciamo che la macchina, con un click, faccia il suo dovere e lo faccia con un buon risultato, con semplicità per chi lo usa.
Marco: Si rischia di commettere degli errori lasciando lavorare una intelligenza artificiale al posto di una umana?
Gabriele: Assolutamente si. Ci sono più considerazioni da fare a riguardo. La tecnologia non è né buona né cattiva ma neutra, è l’utilizzo che ne facciamo che determina il risultato finale. Come dicevo prima, se ho delle aspettative che la macchina non può raggiungere e/o dove la discrezionalità e/o variabilità sono grandi, mi troverò con grandi errori.
Al contrario, se l’azione della macchina è lavorare sui volumi e su un pre-lavorato, l’uomo non può competere. Dobbiamo sempre ricordarci che la tecnologia, allo stato attuale e per questo settore, è d’aiuto e supporto ma non sostitutiva dell’uomo nella sua interezza. In conclusione, mi viene da dire che l’errore non è della macchina, ma della sbagliata aspettativa che l’uomo ha riposto nella macchina.
Marco: Anche una piccola/media azienda può usare sistemi di IA? O è ancora un qualcosa di riservato a grandi aziende?
Gabriele: Sono molto categorico sotto questo punto di vista. Gli sviluppi sono molto costosi, ma la tecnologia deve essere fruibile da tutti e non può essere riservata solo alle grandi aziende.
Marco: Quali sono gli obiettivi principali dell’uso dell’Intelligenza Artificiale? (mi viene da pensare: ottimizzare i tempi, selezionare le migliori figure, ridurre l’errore umano in valutazioni del personale, etc…). Che soluzioni mette a disposizione Arca24?
Gabriele: La riduzione del tempo è una conseguenza dell’ottimizzazione dei processi e delle nuove sfide che ci troviamo ad affrontare. Social network e portali per il lavoro fanno così bene il loro lavoro che ci ritroviamo con una montagna di dati da analizzare, con un capitale umano che non riusciamo a valutare e con competenze importanti che perdiamo.
La sfida di Arca24 sta esattamente nel supporto e nella gestione di un dato talmente enorme da rendere il tutto molto complicato, se non impossibile, senza dei software.
Marco: In che maniera è oggi diffuso l’utilizzo dell’IA nella Ricerca e Selezione del Personale?
Gabriele: L’utilizzo dell’IA non è diffuso ed è un mondo tra i più conservativi. L’aspetto culturale spesso frena l’evoluzione che deve seguire dei percorsi after-market. Inoltre, essendo sviluppi molto costosi, molte società IT preferiscono rispondere solo al bisogno attuale e non a quello prospettivo, non potendo determinare una chiara visione nel futuro. L’insieme di questi fattori determina un mercato con pochi pionieri verso l’IA nel mondo delle risorse umane.
Il mondo USA è sicuramente più propenso e avanti ma, di contro, fa più fatica a entrare nel mondo europeo.
Marco: Cosa un potenziale candidato può fare per “confrontarsi” al meglio con l’IA?
Gabriele: Non deve fare nulla, deve fare semplicemente il candidato. Un’IA funzionale non richiede né sforzi né cambiamenti comportamentali per il candidato e i recruiter. Anzi, deve semplificare loro il processo.
Nel nostro caso, per esempio, i candidati non scrivono le esperienze di lavoro nel form di candidatura, cosa che spesso fanno male e controvoglia, ma allegano semplicemente il CV: il resto lo fa la macchina. E non importa il formato del CV.
Marco: Quale sarà il futuro?
Gabriele: La tecnologia, piaccia e non piaccia, seguirà il suo corso inesorabile e diventerà sempre più performante.
Lascerà alle persone solo il lavoro legato alla valutazione soggettiva. A tendere, quella oggettiva sarà coperta al 100% dalla macchina. Non si tratta di una guerra ideologica tra uomo e macchina ma, semplicemente, dell’evoluzione della specie che ci porterà a usare quello che abbiamo per lavorare meglio.
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