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L’intelligenza artificiale tra innovazione e paure

Analisi dei dati, compiti ripetitivi ed assistenza clienti. Ecco i campi in cui viene maggiormente utilizzata l’intelligenza artificiale. Meglio però sotto la continua supervisione umana.

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A che punto siamo con l’intelligenza artificiale? Beh, insomma, verrebbe da rispondere. Una ricerca di Unguess e Infocert ha messo in luce gli ambiti dove l’intelligenza artificiale sembra essere maggiormente utilizzata. Si tratta dell’analisi dei dati, dello svolgimento di compiti ripetitivi (su sistemi fissi) e dell’assistenza clienti. Il livello di utilizzo è sopra il 70% in tutti questi casi. Quindi, negli ambiti citati, l’IA è sicuramente molto usata, ma con risultati per così dire alterni. Non tutti sono contenti di quel che riesce a fare, anzi. La ricerca (un panel) ha coinvolto 700 persone: per circa la metà si tratta di lavoratori che occupano ruoli decisionali.

intelligenza artificiale

In ogni caso l’IA viene utilizzata in buona parte anche nel marketing (43%) e per la ricerca (37%). Basso invece l’impatto sulla logistica (11%) e le risorse umane (17%). E’ difficile capire che strada prenderà esattamente l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, quanto potrà influire sulle vite di ognuno in ambito lavorativo, però almeno in certi casi le sue prestazioni sembrano non essere così soddisfacenti, perlomeno per adesso. Vi sono infatti problemi dal punto di vista della gestione e della sicurezza dei dati, problemi di mantenimento della privacy quindi. Ed inoltre, lamentano gli intervistati, capita abbastanza spesso che non capisca le domande, o dia risposte sbagliate. E ancora che inventi contenuti, o addirittura le fonti, citandone di inesistenti. Anche a livello di programmazione esistono ancora molti bug.

Sulla totalità degli intervistati, solo il 15% ha espresso un giudizio positivo, mentre il 40% ha invece dato parere negativo. Anche perché, oltre ai problemi tecnici esistono anche quelli etici e che impattano direttamente sul “mondo” umano. La riduzione del controllo da parte dei lavoratori ad esempio, è un tema molto sentito, più ancora la paura di perdere posti di lavoro a causa della sostituzione da parte della “macchina”. Anche se bisogna notare che secondo la ricerca questi, problemi preoccupano meno della metà degli intervistati. In  ogni caso, questo sembra essere un panorama ancora molto lontano (per fortuna), visto anche che, tra gli intervistati, sono in pochi quelli che hanno sostenuto che l’intelligenza artificiale sia stata utile nel ridurre il loro carico di lavoro (ovvero “il tasso di sostituzione” dei compiti umani è stato poco rilevante). Anche se questo risultato cozza con un senso comune decisamente più preoccupato di un’invasione nel mondo del lavoro da parte dell’intelligenza artificiale, in questo senso va ovviamente ricordato quest’ultima è un mero strumento. Come tale non è nato per sostituire le persone, ma per coadiuvarle. Infatti, al limite, il problema non è l’IA, ma chi, avendone il potere, dovesse decidere di affidarsi completamente ad essa eliminando il lavoratore, magari fregandosene dei risultati.

Va detto che dall’intelligenza artificiale si possono certamente ottenere ottimi risultati, ma a determinate condizioni: la prima in assoluto ed è noto ormai da tempo, è che l’IA vada allenata. Per poterci riuscire però bisogna, che vi siano degli esperti in grado di farlo. Quindi è possibile che si verifichi una sorta di inversione delle parti, dove invece di essere l’IA ad aiutare la persona, è quest’ultima ad insegnare a lei, che poi, però, almeno nelle intenzioni, una volta completato il training sarà di supporto ai lavoratori.

C’è però da chiedersi se un “training” potrà mai essere completato dato che il mondo si evolve molto più velocemente di una volta e bisogna sempre un po’ “rincorrere” la realtà. In ogni caso vanno sempre distinti anche gli strumenti gratuiti e quelli a pagamento, che generalmente sono molto più performanti dei primi. Una IA gratuita buttata lì per fare un po’ di marketing e far conoscere il proprio nome, evidentemente darà meno risultati di uno strumento su cui è stata fatta molta ricerca. E, quindi, è costato molto ed è proprio per questo che ha un costo. Fatta questa dovuta differenza, va comunque tenuto conto del fatto che rimpiazzare una persona ottenendo gli stessi risultati è decisamente un’operazione molto complessa, forse impossibile, in molti casi.

Come ragiona l’intelligenza artificiale? Tre esempi di chatbot

Recentemente abbiamo avuto modo di confrontarci con tre chatbot su Whatsapp. In verità dovremmo dire due, perché di questi ultimi siamo sicuri, ma anche l’altro contatto, dato il comportamento tenuto e le varie spiegazioni dei siti di settore, è molto probabile fosse una IA e non una persona. Quest’ultimo caso era letteralmente un’esca con intenzioni malevole e lo abbiamo ampiamente spiegato in questo articolo che descrive l’esca lanciata dal chatbot per motivi senza alcun dubbio per nulla vantaggioso. La storia è quella dei like su Youtube, un “lavoro” facile e ben pagato.

Non servono investimenti, nessuna formazione, praticamente nessun impegno se non quello di schiacciare il tastino virtuale del pollice in su. Un’esca, appunto veramente molto allettante. Anzi, troppo allettante, per essere vera. In questo caso il Chatbot si è comportato quasi come un essere umano molto formale, ma solo all’inizio. Messo in difficoltà con continue richieste di spiegazioni, domande ficcanti e rifiuti è andato un po’ in palla inventando delle risposte, addirittura delle persone e dei ruoli lavorativi, servendosi di aziende molto grandi realmente esistenti.

Oltre a questo, ha iniziato incessantemente a ripetere le stesse identiche frasi, anche rispondendo a stimoli nostri completamente differenti tra loro. La tecnica è stata più che altro quella di insistere nel cercare di farci cliccare su un link inviato, millantando di doverci sottoporre ad una sorta di prova per poi iniziare il lavoro vero e proprio e farci così guadagnare un lauto (ma falso) stipendio. Rimandando al pezzo linkato sopra, possiamo comunque dire che ovviamente non ci siamo cascati, e messo molto alle strette il chatbot ha smesso di importunarci.

Negli altri due casi, entrambi i chatbot erano i più onesti possibile, ammesso che li si possa definire così. Appartenenti a due diverse organizzazioni di tipo differente tra loro, in un caso il problema ha riguardato la fornitura di un servizio da parte dell’ente contattato. Abbiamo cercato di spiegare la nostra necessità alla IA, ma essa non ha capito, perché non poteva capire dato che tra le opzioni ad essa disponibili la nostra necessità, di fatto particolare, non c’era. A quel punto abbiamo insistito nel farci passare una persona. La cosa non è stata possibile direttamente, ma ad un certo punto ha capito che non poteva risolvere il problema da sola e che avrebbe dovuto contattare un umano. Il sistema di fatto ha funzionato, perché il giorno dopo siamo stati chiamati, ma solo dopo diversi tentativi effettuati con la frase leggermente ironica “passami un umano” l’intelligenza artificiale ha compreso e, in effetti, ha passato la palla ad un lavoratore in carne ed ossa.

Nel terzo caso invece, l’intelligenza artificiale non ha capito la nostra esigenza, ma non ha neanche compreso di non poterla risolvere. Quindi, non ha contattato nessuno. Si è allora verificata una situazione decisamente paradossale per la quale noi chiedevamo di essere messi in contatto con una persona ed il chatbot continuava a rispondere “non ho capito di cosa hai bisogno”. Scherzando, ma neanche tanto, abbiamo ripetuto la stessa frase riguardante la necessità di essere messi in contatto con una persona più di dieci volte. L’IA ha risposto sempre uguale, creando una fase di stallo da cui è stato letteralmente impossibile uscire se non cambiando mezzo di comunicazione. Paradossalmente, tra i tre chatbot gestiti da IA, quello più evoluto era proprio quello malevolo.

A prescindere dalle intenzioni del chatbot, in due casi positive (di aiuto) e nell’altro negative (esca), tutte e tre le volte, quando non ha capito o non ha potuto risolvere il problema che gli abbiamo presentato, l’IA si è limitata a ripetere le stesse cose, nello stesso modo. Le stesse frasi insomma. Ciò significa che, perlomeno per l’esperienza che abbiamo avuto noi, non riesce esattamente a distinguere gli stimoli, non riesce quindi nemmeno ad interagire in un modo che anche solo si avvicini a quello di un essere umano. Inoltre, non ha trovato frasi simili, sinonimi di parole, per cercare di spiegare meglio il suo, chiamiamolo così, punto di vista. Si è trattato insomma di un qualcosa poco più evoluto di  risponditore automatico di vecchio stampo, pur integrato nei sistemi di messaggistica contemporanei.

Ma allora a cosa serve l’intelligenza artificiale, si domanderà qualcuno. Come abbiamo sottolineato prima, essa è uno strumento. Può essere certamente un aiuto concreto in molti campi, ma le decisioni ed anche la supervisione devono restare umane. Bisogna quindi sempre prevedere il fatto di poter contattare un individuo che affronti un determinato problema che l’IA non riesce a risolvere da sola. Queste “macchine” sono sostanzialmente dei giganteschi contenitori di dati, ne possono gestire infinitamente di più di quel che un qualunque umano potrebbe mai fare e ad una velocità letteralmente incredibile.

La differenza però è come vengono gestiti questi dati. Una IA può tranquillamente conoscere tutti i codici civili e penali di tutto il mondo, cosa ovviamente impossibile per una persona, poi però bisogna vedere se riesce a prelevare ed usare i dati giusti utili alle varie situazioni, che sono sempre, per così dire, molto personalizzate. Diversamente, un bravo avvocato, anche se non conosce tutti i codici civili e penali del suo paese a memoria, è chiaramente in grado di capire il problema ed andare a prelevare le informazioni che gli servono nel punto giusto. La demonizzazione a prescindere di un qualsiasi sistema è sempre sbagliata, ma lo è anche la sua esaltazione. Un’intelligenza artificiale molto più evoluta di quelle di cui abbiamo avuto esperienza, potrebbe tranquillamente essere straordinariamente più performante, ma potrebbe lo stesso non essere adatta ad integrarsi nella realtà a livello massivo.

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