In un recente articolo abbiamo parlato brevemente della ricerca di lavoro via social. Una delle sue caratteristiche principali da cui passa è sicuramente la web reputation, o per dirla in italiano la reputazione online. Ma cos’è esattamente? Innanzitutto bisogna pensare che è un’arma a doppio taglio. E lo è per due volte. Lo è perché non è certo facile costruirsi una solida reputazione online quando ci si propone via social e lo è perché non tutto dipende da noi. Anche i recruiter infatti scrutano da molti anni i profili social dei candidati indipendentemente dalla loro volontà. E i recruiter sono persone umane. In quanto tali hanno quindi opinioni e giudizi che possono essere affetti da convinzioni personali, qualunque esse siano. E che ovviamente potrebbero non coincidere con chi si propone per un lavoro, abbassando o annullando le probabilità di quest’ultimo di ottenerlo.
Indice
Reputazione online: lo studio
Per capirci di più possiamo avvalerci di una ricerca. Orienta, un’importante agenzia del lavoro, ha condotto uno studio tra i suoi utenti Linkedin: ai quesiti hanno risposto in circa 12000. La prima domanda era volta a capire chi fosse a conoscenza della questione web reputation: un po’ a sorpresa i rispondenti si sono divisi esattamente a metà, 50% hanno risposto di sapere cosa fosse, l’altro 50% al contrario. La ricerca scopre alcuni dati interessanti: ad esempio il 24% sostiene che serva a farsi apprezzare, a prescindere dal fatto che siano aziende o utenti privati. l 36% pensa che sia meglio costruirsi un’immagine positiva di se stessi attraverso le interazioni social, Il 34% che lo si possa fare pubblicando contenuti di valore. Ed il 21% ricevendo feedback positivi.
Parliamo ora dei rischi. Per il 30% è necessario evitare inutili discussioni online. Per un altro 23% bisogna invece evitare post compromettenti. Altri rischi importanti vengono segnalati dal 44% degli utenti come quelli afferenti all’appropriazione indebita, da parte di altri di foto e dati personali (che potrebbero compromettere la reputazione online contro la propria volontà). Il 28% teme le cosiddette fake news, mentre un altro 28% ha paura di dare un’immagine negativa di se stesso. Per il 75% è fondamentale mantenere privati i propri dati personali, soprattutto quelli sanitari (46%).
Le conseguenze di non curare la reputazione online
Ma cosa ci dicono questi dati rispetto alla reputazione online nella ricerca di un posto di lavoro? Beh, in realtà diverse cose importanti. Anche il solo dato che indica che la metà dei rispondenti non sappia nemmeno cosa sia la reputazione online è decisamente uno spartiacque. Significa cioè che all’interno del 50% che non conosce la web reputation, c’è un buon numero di persone che cerca lavoro attraverso i social non curandosi minimamente di questo aspetto, riducendo così di molto la propria probabilità di trovarlo, un lavoro.
La questione del farsi apprezzare è ugualmente centrale: significa che molti scrivono per essere appunto apprezzati e valutati positivamente, ma ciò a cui ambiscono, ovvero le opinioni positive degli utenti, potrebbe non corrispondere con quel che serve loro per trovare lavoro, nel caso lo stiano cercando. L’opinione di un recruiter professionista sarà probabilmente differente da quella dell’influencer in erba o da chi segue quest’ultimo. Quindi, va bene farsi apprezzare, ma se si sta cercando lavoro, bisogna mirare all’apprezzamento delle persone giuste. Farlo così, in generale senza un target preciso, potrebbe essere controproducente. In questo senso il metodo con cui si cerca di farlo non è così rilevante, perché il fatto di riuscirci o meno dipende molto di più dai contenuti che appunto dal metodo.
Proseguendo col discorso, bisogna pensare che ad esempio, esprimere una chiara posizione politica o anche religiosa può causare che chi vi legge capisca che stiate da una certa parte (qualunque essa sia). Il rischio è ovviamente quello che se chi legge è un recruiter, voi vi siete candidati per quel lavoro, e il suddetto recruiter non è d’accordo con quella posizione, potrebbe semplicemente scartarvi. Non c’è niente di strano, è umano, legittimo e sicuramente anche efficace, nel senso che poi sarà chi vi ha assunto a dover avere a che fare con voi. E se sa già che faticherà ad andare d’accordo per diversità di punti di vista, perché dovrebbe assumervi?
E’ pur vero che questo potrebbe limitare la libertà di espressione, però il problema è che tutto non si può fare. Se volete esprimervi liberamente potete farlo solo nella vostra cerchia di amici (quindi con precise impostazioni della privacy dei social). Se lasciate tutto libero, chiunque vi leggerà, ed in questo, se decidete di cercare lavoro tramite social, le conseguenze ci potrebbero tranquillamente essere. In realtà ciò accade anche se il lavoro non lo cercate via social. I responsabili delle assunzioni potrebbero banalmente scrutare i vostri profili anche se non vi siete candidati in quel modo. Attenzione, non è giusto o sbagliato, è il mondo che è diventato così e bisogna saperci vivere dentro.
Lo stesso discorso può valere ad esempio per i dati sanitari: parlare di una propria patologia in pubblico nel caso la si abbia, certamente può abbassare lo stress a causa dei feedback di incoraggiamento e della condivisione delle informazioni, ma chi deve valutare i profili per un lavoro, potrebbe trovare sconveniente assumere qualcuno che ha una qualunque malattia. Quindi, anche qui il discorso è esattamente lo stesso. Se volete farlo, fatelo, ma impostate molto bene la privacy dei vostri profili, in modo che quello di cui parlate lo possa vedere solo chi volete voi. C’è da dire come doverosissima precisazione, che i dati sanitari non fanno, o comunque non dovrebbero in alcun modo far parte di una qualsiasi “reputazione”, visto che avere o meno una qualsiasi patologia non è certo una scelta. Ma non sapendo come gli altri potrebbero interpretare le nostre condizioni di salute, è sempre e comunque meglio proteggersi.
Altro discorso è quello sul discutere online. Far valere le proprie opinioni è sicuramente una cosa ottima. Farlo con troppa veemenza potrebbe essere controproducente ai fini della ricerca di un lavoro. Un contro è mostrarsi decisi, sicuri di quel che si vuole o si pensa e via dicendo, un altro discorso è invece quello di risultare litigiosi, magari anche su argomenti non esattamente fondamentali. Intrattenere una discussione costruttiva via social su un argomento serio e farlo in maniera educata e gentile può rivelarsi un’arma intelligente. Scannarsi a caso su cose di nessuna importanza invece è un’operazione tecnicamente stupida, soprattutto se si usano i social per cercare lavoro.
A monte di questo, c’è la scelta di cui abbiamo parlato prima: attenzione alle impostazioni della privacy, bisogna decidere se mostrare i propri contenuti a chiunque, rischiando di essere “bollati” come appartenenti ad una certa parte (di qualsiasi argomento si tratti), oppure evitare di essere identificati in un certo modo e restare nel limbo. Nel secondo caso si è più protetti, ma è meno probabile che un recruiter riesca a capire le vostre potenzialità. Ciò potrebbe risultare un vantaggio, ma anche uno svantaggio. La scelta insomma, è tutta vostra.
Come costruire una reputazione online
Ma come si costruisce una reputazione online adatta alla ricerca di un lavoro? Come già spiegato, tutto non si può fare. O si impostano i social in maniera professionale, o li si “lascia” in maniera ludica, ammesso che si decida di cercare lavoro tramite quelli. Detto questo, quel che è da fare è mostrarsi preparati, competenti, attivi, volenterosi dal punto di vista della propria professione. Quale sia non è così importante, anche se alcune sono più adatte di altre ad essere comunicate via social. Quindi, postare informazioni, video, progetti (vostri o di altri), intrattenere discussioni a tema in riferimento al lavoro che svolgete è sicuramente un’ottima cosa. Va molto bene anche parlare di volontariato, o comunicare che si è attivi in questo senso (ammesso ovviamente che sia vero), quindi descrivere la propria attività benefica.
Ciò che non si deve fare invece è scrivere cose professionali, scrivere di volontariato e poi piantare tra questi un post tipo “o raga ieri serata spettacolo stavo tutto ubriaco!” Ecco, questo indica una mancata serietà perpetrata in un contesto che serio dovrebbe essere ( un profilo social professionale). Va benissimo se l’intenzione non è quella di usare i social per lavoro (chi vi impedisce di divertirvi?), ma certamente non è un’operazione consigliabile se volete dare un’immagine professionistica di voi stessi con quel determinato profilo. Le serate tra amici sono sacre, intendiamoci, ma non bisogna comunicarle ad eventuali datori di lavoro, tanto meno nel modo dell’esempio che è abbastanza forte. Diversificate i profili, impostate sapientemente la privacy e potrete fare tutto.
Argomento discussioni online: lo abbiamo già affrontato, ma è giusto precisare che ci si può tranquillamente esprimere senza che un recruiter di buon senso vi bolli in un modo o nell’altro. Evitate però argomenti troppo sensibili e posizioni troppo estreme. Insomma, un conto è dire “Ha ragione il governo ( o l’opposizione)” un altro è dire “Quelli là fanno tutti schifo e sono dei ladri (chiunque siano)”. Occhio quindi ai contenuti, ed ai toni dei contenuti. Inoltre è consigliabile esprimersi non su un intero mondo (politico, religioso, economico, relativo ai diritti etc…), ma su un caso, un evento, una notizia precisa che riguarda quel mondo. Ciò identificherà eventualmente una vostra opinione su una situazione precisa, come esattamente quel che è e non una posizione per partito preso, alleggerendo così il giudizio altrui e collocandovi in un panorama situazionale che presuppone comunque la possibilità di discutere con voi di qualsiasi cosa. Eviterà di farvi apparire degli estremisti inavvicinabili.
Un’altra cosa importante è questa: se comunicate il vostro lavoro, non potete avere lunghe pause tra un contenuto e l’altro, altrimenti il vostro profilo apparirà come qualcosa di poco professionale, improvvisato, temporaneo, poco curato. Tutte cose che certamente influiscono negativamente su un eventuale candidatura tramite social. Dovete pensare che è necessario dedicare del tempo, anche a fare piccole ricerche per capire e scegliere che contenuti postare. Non è proprio un lavoro, ma spesso ci si avvicina. E’ un’attività importante e va trattata come tale.
Altro consiglio fondamentale: non è sufficiente postare sui social “roba” che riguarda la vostra attività: se sono contenuti che avete creato voi, li dovete prima verificare attentamente. Le informazioni che trasmettete devono sì essere interessanti, meglio ancora se creative, ma prima di tutto devono essere corrette. Se ci pensate, è ovvio, voi assumereste qualcuno che posta contenuti sbagliati, magari perché, “fregandosene”, non ha controllato? L’errore ovviamente può capitare a tutti, però quel che si vuole dire é: fate di tutto perché ciò non accada, o accada il meno possibile. I contenuti sono stati creati da altri, ma vi piacciono e li volete postare lo stesso magari commentandoli? Benissimo, ottima cosa, ma vale il discorso di prima: controllate sempre la correttezza e la veridicità di ciò che pubblicate online. Molta della vostra reputazione in un profilo social professionale passa da lì.
Insomma, riassumendo esistono attività precise da fare se si vuole usare i social in modo professionale per cercare lavoro: scegliere come impostare il profilo e la sua privacy, postare contenuti interessanti e corretti, ed evitare come la peste le stupidate. Non discutere troppo animatamente perché potreste crearvi fastidiosi haters. Ci saranno probabilmente lo stesso, ma è inutile andarseli a cercare perché prima di una certa popolarità fanno solo danno. Se poi si raggiunge una certa notorietà li si può pure sfruttare, ma nulla c’entra questo con la costruzione di una reputazione online fin dall’inizio, anche se è vero che le dinamiche social non sono sempre, per così dire, “perfettamente etiche”. In questo senso evitate anche gli argomenti troppo sensibili, a meno che la vostra professione non presupponga strettamente che ne parliate, ma anche in quel caso evitate gli estremismi, non servono a niente, anzi, sono senza dubbio controproducenti.
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