Da una parte la concretezza fatta di numeri ed esperienze tangibili, dall’altra la mente che insegue pensieri e speculazioni ariose. Il gap che intercorre tra queste due “sfere” appare incolmabile, ma è davvero così? A giudicare dalle parole del filosofo Diego Fusaro, purtroppo sì. “La nostra società capitalista – ha dichiarato, il giovane ricercatore, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa – scoraggia l’esercizio della filosofia. Già al liceo, i professori cercano di indirizzarti a facoltà più pratiche, come Ingegneria ed Economia, che insegnano a riprodurre il mondo così com’è e non a metterlo in discussione”. Ma puntare su una laurea in Filosofia è davvero un azzardo? Significa realmente condannarsi ad anni di inattività e frustrazione professionale? La realtà – come sempre – è più complessa di come si tende a rappresentarla.
Cerchiamo di essere chiari: trovare lavoro con il titolo di dottore in Filosofia in tasca non è affatto una passeggiata. Esattamente come non lo è nella maggior parte degli altri casi. Prima di snocciolare i dati che ci aiuteranno a rendere il quadro meno fumoso, occorre però precisare che alla base di tutto deve esserci una particolare attitudine al ragionamento e all’argomentazione. O se si preferisce, una “vocazione” ad analizzare e approfondire sempre tutto, rifiutando di acquisire come assodati gli schemi mentali che si sono sedimentati nel tempo. Chi aspira a conseguire una laurea in Filosofia deve, insomma, essere pronto a mettere sempre tutto in discussione, fuggire dalle facili soluzioni e disporre di un pensiero critico particolarmente sviluppato. Se siete dei tipi accondiscendenti e poco curiosi, non è di certo la strada che fa per voi.
Cosa si studia all’università
Partiamo dall’università: ci sono corsi di laurea di primo livello (triennali) e corsi magistrali (biennali), oltre ai corsi di perfezionamento che potrebbero elevarvi alle “alte sfere” toccate da Aristotele, Socrate, Hegel, Kant, Schopenhauer, Nietzsche &co. Per congedarvi dall’ateneo, dovrete saperne tanto di storia della filosofia e sentirvi pronti ad affrontare ogni tipo di discussione che scomodi la necessità di ragionare.
Per essere più concreti: gli anni passati a studiare vi faranno imbattere in testi che parlano di ogni genere di filosofia (teoretica, politica, religiosa, etica, dinamica, pratica ecc…) e in altri che dissertano di estetica, logica, antropologia filosofica, etica sociale e pedagogia. Non solo: conseguire una laurea in Filosofia può voler dire anche saperne di:
- economia politica,
- istituzioni di matematica e fisica,
- teoria dei linguaggi e di sociologia.
E non si trascuri la filosofia della mente, quella della musica e la comunicazione pubblicitaria il cui studio può essere approfondito durante il biennio magistrale.
Si tratta di un elenco inevitabilmente parziale. L’offerta didattica proposta dalle varie università è in continua evoluzione: ecco perché, prima di procedere con l’immatricolazione, vi consigliamo di scorrere con attenzione i piani di studio che dettagliano su argomenti e materie. Una certa utilità potrebbe avere anche la classifica che il Censis stila annualmente per indicare le facoltà che eccellono e segnalare quelle che, invece, non vale la pena frequentare. Nel caso dell’area letterario-umanistica (a cui va riferita la laurea in Filosofia), a ricevere un encomio sono state le università di Roma Tor Vergata, quella di Bologna e quella di Siena. Mentre gli atenei de L’Aquila, di Messina e di Foggia hanno colpito in negativo.
I dati di Almalaurea
Ma veniamo al punto centrale: cosa deve aspettarsi un neo dottore in Filosofia? Stando ai dati forniti recentemente da Almalaurea, nulla di troppo confortante ma neanche di irrimediabilmente grave. I ricercatori del consorzio interuniversitario hanno interpellato 1.606 laureati di primo livello in Filosofia, a un anno di distanza dal conseguimento del titolo. Cosa hanno scoperto? Che il 73,2% di loro risultava iscritto a un corso di laurea magistrale, frequentato – nel 48,1% dei casi – per migliorare la loro formazione culturale. Entrando più nel pratico: il 30,7% del campione intervistato dichiarava di lavorare, il 52,2% di non lavorare e non cercare (magari perché ancora impegnato a studiare) e il 17,1% di non lavorare ma cercare.
Restringendo la lente di osservazione sul campione rappresentato dagli occupati (493), la ricerca ha rilevato che il 57,2% di loro continuava il lavoro svolto prima di iscriversi all’università e il 30,8% aveva iniziato a lavorare dopo la laurea, impiegando mediamente 4,2 mesi a trovare un’occupazione. Per guadagnare quanto? Non moltissimo: la paga media netta si aggirava, infatti, intorno ai 770 euro mensili (810 per gli uomini, 737 per le donne). Non solo: il 44,2% dei dottori in Filosofia che avevano frequentato i corsi triennali spiegava che il titolo conseguito non era stato richiesto ma risultava utile al lavoro, mentre il 43,4% (una percentuale abbastanza alta) lo considerava del tutto inutile.
Lauree magistrali
E le lauree magistrali? Riescono a fare la differenza in termini occupazionali? A un anno di distanza dal conseguimento del diploma magistrale in Scienze filosofiche, i 1.015 dottori intervistati (di cui il 59% donna) affermavano di aver partecipato, nel 49,8% dei casi, ad almeno un’attività di formazione. Il 43,2% dichiarava di lavorare, il 22,6% di non lavorare e non cercare e il 34,3% di non lavorare ma cercare.
Ancora: tra i 438 occupati, il 25,8% spiegava di continuare a svolgere il lavoro che faceva prima di iscriversi all’università mentre il 40,9% diceva di aver iniziato dopo la laurea. E dopo una ricerca durata più di 5 mesi. Mettendo in tasca uno stipendio medio netto che non arrivava agli 850 euro mensili (966 per gli uomini, 778 per le donne). Invitati ad esprimere un giudizio sull’utilità e l’efficacia della loro laurea in Filosofia, il 38,1% dei dottori magistrali dichiarava di considerala inutile per lo svolgimento della sua mansione e il 45,5% poco o per nulla efficace. Non è sicuramente un quadro confortante, ma il peggio potrebbe essere passato.
Gli sbocchi professionali
Vi siete spaventati a sufficienza? Forse fareste meglio ad andare fino in fondo – come si addice ad ogni filosofo (o aspirante tale) che si rispetti – e comprendere quali potrebbero essere le strade professionali da percorrere. Gli sbocchi occupazionali non sono pochi:
- c’è chi trova impiego nell’editoria,
- chi si occupa di management culturale,
- chi di giornalismo,
- chi si specializza nell’organizzazione di eventi culturali.
Con una laurea magistrale, si può inoltre insegnare (nei licei e nelle università), continuare a fare ricerca in ambito accademico e arrivare a gestire musei e biblioteche particolarmente prestigiosi. E sbaglia chi pensa che un laureato in Filosofia non abbia alcuna chance di entrare in un’azienda: il titolo conseguito può, infatti, fruttargli l’assunzione come addetto alle pubbliche relazioni, al marketing (creativo) e alla pubblicità. Per non parlare degli uffici del personale che, molto spesso, si avvalgono delle competenze dei laureati in Filosofia soprattutto se hanno frequentato un Master in Risorse Umane. Perché? Perché riescono (quasi sempre) a gestire egregiamente il “capitale umano” e dispongono delle conoscenze e delle tecniche necessarie ad accrescerne la formazione e la consapevolezza di sé.
E non finisce qui: essere un filosofo significa – come spiegato all’inizio – essere naturalmente portato a ragionare, analizzare e, quando richiesto, a mediare. Avere un pensiero critico consente di scovare una soluzione laddove gli altri vedono solo problemi insormontabili: ecco perché anche le grandi aziende, che legano a doppio filo la loro mission ai bilanci contabili, hanno imparato a scommettere, con maggiore frequenza, sui dottori in Filosofia.