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L’Intelligent speed assist ed il futuro dell’auto

L’intelligent speed assist (ISA) nel medio termine potrebbe rivoluzionare il mercato dell’auto, in meglio o in peggio .

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Nel 2024 entrerà in vigore l’obbligatorietà per le auto nuove di montare l’Intelligent speed assist, un dispositivo che emette un suono se si stanno superando i limiti di velocità. Il meccanismo sarebbe in grado di leggere i cartelli stradale ed avvisare se il guidatore sta procedendo oltre il consentito. In realtà l’obbligatorietà di questo dispositivo è in vigore dal 2022, ma ciò che cambia è che da quest’anno dovrebbe essere non più disattivabile. Fino ad ora quindi il proprietario del veicolo poteva “spegnere” il sistema, a quanto pare ciò non si potrà più fare. La questione dell’Intelligent speed assist potrebbe però riguardare l’intera società e cambiare radicalmente il futuro dell’auto, in peggio o in meglio non è dato sapere e visto che probabilmente dipende dal punto di vista di ognuno.

Cos’è I’intelligent speed assist

Si tratta di un dispositivo in grado di leggere i cartelli stradali riportanti i limiti di velocità ed avvisare l’autista che sta andando troppo forte, in modo che egli possa regolare la velocità di conseguenza. Sembrerebbe una buona soluzione, perlomeno dal punto di vista della sicurezza, se non fosse che per una recente inchiesta di Quattroruote tale sistema non sarebbe pronto per le strade, per colpa sua ma anche delle strade stesse. Cerchiamo di capirci meglio: sebbene l’ISA abbia rilevato correttamente diversi cartelli e conseguentemente avvisato gli occupanti dell’auto durante la prova fatta dal noto periodico specializzato nel mondo dei motori, esso ha anche commesso molti errori. Il che vuol dire che affidarcisi completamente potrebbe essere addirittura controproducente.

Gli errori sono avvenuti per colpa di letture sbagliate dell’ISA che però sono dipese anche dai troppi cartelli presenti e dal fatto che gli stessi a volte non fossero completamente integri (sporchi, mezzi cancellati, storti). La lettura quindi richiederebbe una capacità d’interpretazione prettamente umana che un dispositivo elettronico ovviamente non ha. E da qui la prima domanda: sarà veramente la scelta giusta affidarsi solo alla tecnologia? Essa è potente ma non può fare tutto. Forse non si tratta nemmeno del fatto che l’ISA non sia pronto, ma semplicemente l’elettronica informatizzata potrebbe non essere in grado di gestire autonomamente un qualcosa che è fondato esclusivamente su caratteristiche umane, ovvero la circolazione.

Una questione di punti di vista

In ogni caso il problema più grande forse non è nemmeno questo: c’è infatti chi sostiene che l’emettere continui suoni all’interno di un veicolo al posto di aiutare il guidatore potrebbe distrarlo e anche creargli una certa ansia. Va detto che questa è una vecchissima polemica che decine di anni fa era già uscita in riferimento ad un dispositivo molto più basilare, quello degli indicatori di direzione. Il problema in questo caso era sorto perché dato il bassissimo rumore emesso dalle “frecce” una volta attivate, qualcuno se le dimenticava accese, dando così la falsa impressione di dover girare da qualche parte, mentre invece doveva proseguire dritto. Succedeva quindi che anche chi poteva sorpassare restava dietro l’auto che lo precedeva, in attesa di una svolta a destra o a sinistra che non arrivava mai. Ma appunto c’era chi sosteneva che il fatto che un indicatore di direzione emettesse suoni non fosse per nulla una soluzione ottimale, visto che sostanzialmente dava fastidio al guidatore. Insomma, non è detto che i continui “bip” di un veicolo facilitino la guida, perché al contrario potrebbero creare stress e disattenzione rendendo la stessa guida più difficoltosa.

L’intelligent speed assist fa parte di quei sistemi che presuppongono una guida sempre più autonoma dei veicoli, un’ipotesi infatti è quella per la quale un giorno questo dispositivo al posto di limitarsi ad avvisare l’autista, rallenti da solo il veicolo che sta superando i limiti, senza la possibilità che chi guida possa modificare tale comportamento. Qui ci sono due almeno due questioni da affrontare, una è tecnica e l’altra è invece molto, ma molto più ampia. Il lato tecnico della faccenda è che se mai entrasse in vigore un simile sistema, non è per nulla detto che tutte le auto in circolazione si comporterebbero nell’identico modo. Una potrebbe leggere un cartello e l’altra no, di conseguenza il rispetto dei limiti sarebbe ancora una volta affidato al guidatore. Ok, ma allora perché inventare un sistema di questo tipo se comunque chi guida deve lo stesso stare attento a tutti i limiti?

La risposta potrebbe risiedere nella volontà di annullare la possibilità di superarli da parte di chi guida, ma a quel punto quest’ultimo dovrebbe stare attento a cosa fa la macchina e potrebbe trovarsi a scegliere se fare questo o guardare la strada. C’è infatti molta differenza tra viaggiare sopra i limiti coscientemente ed invece non saperlo con tanto di onere di controllare cosa fa un meccanismo esterno. Quando guardare? Per quanto tempo? E chi pagherebbe le multe in quel caso? Quando la responsabilità di un sistema autonomo deve essere riconosciuta? Qual è il livello? A chi dare la colpa in caso di incidente fuori dai limiti? Perché ci si potrebbe trovare nell’antipatica situazione di dover controllare sia la strada che l’auto nello stesso momento, in attimi precisi che andrebbero sostanzialmente “capiti”. Ma controllare qualcosa non è come controllare sè stessi. Quest’ultimo comportamento è immediato (e quindi anche più veloce) perché istintivo, il primo invece no.

Facciamo un esempio pratico. Vi è un cartello di un limite di 30 km/h, in prossimità di un attraversamento pedonale. Il limite precedente è 50 km/h, quindi la situazione richiede almeno un rallentamento. Oppure ovviamente uno stop nel caso attraversi qualcuno. Se l’auto è guidata totalmente da un essere umano, quest’ultimo vede il cartello, vede l’attraversamento, rallenta e se non c’è nessuno passa, altrimenti si ferma. Nel secondo caso, l’autista deve anche accorgersi se l’auto ha frenato da sola o meno e, se la risposta è positiva, di quanto.

Cioè?  Cioè se l’auto ha frenato abbastanza per arrivare a 30 km/h (perché ad esempio potrebbe esserci anche un autovelox), cosa che dipende da quando ha iniziato a rallentare. Ecco, un’altra cosa da dire è che non è detto che tutti i modelli di Intelligent speed assist funzionino nello stesso modo, quindi un’auto potrebbe rallentare in un punto e un altro veicolo in un punto differente. Appunto, quando guardare? Poi, nel caso la macchina abbia “saltato” il cartello, dovrebbe appunto pensarci l’autista, intanto che “scannerizza” l’attraversamento pedonale ed i marciapiedi che stanno ai suoi lati.

E’ insomma un passaggio in più che tecnicamente potrebbe non facilitare le cose. Va poi detto che spesso le situazioni in strada non sono così, ma ad esempio può esserci un cartello di limite di velocità, vicino ad un attraversamento pedonale, che un guidatore deve analizzare intanto che ha una bicicletta davanti, di notte o con la pioggia, o ancora la nebbia. Insomma, siamo sicuri di avere bisogno di questo passaggio in più? E soprattutto siamo sicuri di volerlo rendere obbligatorio? Non sarebbe meglio lasciare a chi guida la decisione di attivare o meno un simile dispositivo (anche dovesse limitarsi ad emettere un semplice suono)?

Quella cosa chiamata passione

La seconda questione è molto più ampia è riguarda l’intero futuro del mondo dell’automobile. Senza prendere posizione da una parte o dall’altra, è comunque buona cosa fare alcune riflessioni. Riflessioni che partono da molto lontano, più o meno dagli anni 50-60 del secolo scorso, se non prima.  Abbiamo detto che l’intellingent speed assist in futuro potrebbe anche diventare un dispositivo obbligatorio in grado di rallentare automaticamente l’auto a seconda dei limiti di velocità. Non è detto che la tecnologia riuscirà ad arrivare così avanti da garantire il 100% della correttezza della lettura dei cartelli, ma se ci riuscisse, sostanzialmente tutte le auto diventerebbero uguali, nel senso che procederebbero nello stesso modo.

Ecco, esattamente a questo punto sorge la questione del futuro dell’auto. Perché? Perché nei fatti non è mai stato così. Durante gli successivi alla seconda guerra mondiale lo sviluppo di massa delle società ha anche motorizzato interi paesi. Ad esempio è noto in Italia il periodo del boom economico (da cui deriva anche l’aggettivo “boomer”, per capirci). Stando sempre all’Italia per scrivere di qualcosa che ci riguarda direttamente, in tutta la nazione in quegli anni ed anche in quelli più recenti si sono diffuse in maniera capillare auto utilitarie, più che altro Fiat, come la 500, la 600, ma anche la 126, la Bianchina, per non parlare della mitica Topolino.

Non c’erano però solo quelle, già a quei tempi case come la Mercedes, la Jaguar, la Porsche e ovviamente la Ferrari e la Lamborghini, facevano auto per “ricconi”, di extralusso o supersportive. Vi erano anche alcuni modelli “intermedi”, che però erano popolari fino ad un certo punto. Con l’arrivo della modernità, tali modelli si sono anch’essi diffusi in maniera capillare. Complice un periodo di grande benessere economico, le persone sembravano essere disposte a voler spendere molto di più per un’automobile ed il mercato rispose loro in maniera assolutamente perfetta. Le case automobilistiche diversificarono tantissimo la produzione, offrendo una gamma di veicoli che andava appunto dall’utilitaria a modelli anche di grande pregio, pur non pensati per milionari. Tra le auto italiana di gamma alta o medio-alta possiamo ricordare la Fiat 130, la Lancia Gamma, ma ve ne erano anche di più piccole come la 131 o la 132 (Fiat) e la Fulvia, la Beta, La Trevi (Lancia).

L’Alfa romeo aveva l’Alfasud (anche Sprint), la Giulia, la Giulietta, L’Alfetta, l’alfa Gt junior, il Gtv. Tutte queste avevano poi varie motorizzazioni. Salendo di livello oltre a Ferrari e Lamborghini in Italia vi era la Maserati, o la mitica De Tomaso solo per citarne un paio. Ovviamente anche le case straniere facevano la stessa cosa. Bmw aveva la serie 3, 5,6, 7 e 8 ad esempio. Ed erano tutte auto di un certo livello. La Porsche aveva la classica 911 (Carrera e Turbo), ma produceva anche modelli più “economici” come la 924, la 944, la 928. I modelli citabili sono praticamente infiniti, visto che erano dedicati letteralmente ad ogni portafoglio.

Detto questo, la questione che vogliamo affrontare è: cosa spinse il mercato automobilistico a creare una produzione così incredibilmente varia di modelli di auto e cosa è stato che ha permesso a quel tipo di produzione di resistere fino ai giorni nostri a questi livelli? La chiave di tutto è stata la passione. Popoli interi hanno sviluppato una vera e propria passione per le automobili e per tutto ciò che ruota loro attorno. Di conseguenza oltre al mercato delle auto si è sviluppato quello delle parti meccaniche ed estetiche, poi quelle elettroniche in tempi più recenti.

Una passione però, si sa, spesso è irrazionale, non segue le regole, per essere ancora più chiari, non gliene frega assolutamente nulla di seguirle. Così il mercato ha tirato fuori modelli sempre più belli e potenti, e le persone si sono letteralmente identificate con essi. Avere un’auto veloce significava essere “virili” (un concetto letteralmente assurdo, visto che si presumeva che un uomo potesse guidare una Ferrari e una donna dovesse invece limitarsi al massimo ad una 127), di una classe sociale agiata (e questo spesso era vero e lo è ancora di più oggi), rispettati nella società.

Così, si creò un circolo per il quale un mercato che sfornava auto sempre più accattivanti e desiderabili spingeva persone con la passione per queste ultime a spendere sempre di più per comprarle e ciò causava (e ancora causa) il fatto che le cause automobilistiche producessero auto ancora più migliori. Una distorsione di questo sistema è stata (e ce ne stiamo rendendo conto in questi anni), che i prezzi delle auto sono aumentati in maniera del tutto non proporzionale agli stipendi, così ora una “macchina” dello stesso livello costa molto di più rispetto a qualche decennio fa.

Però, anche se le possibilità sono diminuite, la passione non si è esaurita e ancora la gente spende molto per un’auto anche rispetto alle sue entrate. La passione sopravvive appunto perché non è razionale. Se uno vuole superare i limiti, semplicemente lo fa, quel gesto sostanzialmente, per qualche ragione (che può essere dal semplice trasgredire le regole, al pensare che il limite in quel punto sia sbagliato e quindi bisogna protestare), lo fa sentire bene.

E’ inutile negarlo, in questo senso la potenza delle auto è stata molto importante. I dati sul mitico 0-100, la velocità massima, le capacità di ripresa, il numero di giri a cui si poteva arrivare erano tutti parametri che venivano attentamente esaminati prima di comprare un’auto. Una volta fatto l’acquisto, il pedale dell’acceleratore era lì che aspettava di venire schiacciato, a fondo. Quel che ha creato la passione era anche e forse soprattutto quello, il fatto di poter “tirare”, andare veloci e sentire il rombo del motore conseguente al fatto di “spingere”.

Col progresso tecnologico però, oltre ad aumentare il livello dei veicoli, è aumentato anche quello del controllo. Siamo passati dal non avere alcun limite a strade così piene di autovelox che è nato addirittura il fenomeno Fleximan, quello che cioè gli autovelox li abbatte per protesta. Ora, qui bisogna dire che gli autovelox sono una forma di controllo dei limiti di velocità che funziona a campione. Ovvero, se vogliamo dire le cose come stanno, una persona con un’auto potente può andare forte fin che gli pare fino a quando non trova un autovelox o un tutor. A quel punto se lo vede rallenta altrimenti si becca la multa. Anche la patente a punti è così. Se un guidatore fa un sorpasso sbagliato, i punti glieli levano solo se viene visto dalle Forze dell’ordine, altrimenti molto semplicemente gli è andata bene.

Si dirà che è un controllo sbagliato perché nella pratica il fatto di poter correre dipende sì dalla conoscenza delle strade e dal livello di attenzione nel beccare un autovelox prima che lui becchi te, ma anche dalla mera fortuna. Di conseguenza, si potrebbe aggiungere, ecco che è nato l’intelligent speed assist, così i limiti li rispetterà chiunque. Ma, a parte il fatto che come ogni dispositivo informatico anche l’ISA potrebbe essere hackerabile in qualche modo, la domanda che le case automobilistiche dovrebbero forse porsi è: quale sarà il destino del mercato dell’auto? Un mezzo che non ha un suono di un motore e procede sempre esattamente come tutti gli altri (visto che rispetta i limiti) potrebbe spegnere in breve tempo la passione che ha alimentato il mercato automobilistico fino ad ora. A quel punto cosa accadrà alle case automobilistiche?

Intelligent speed assist: spenderemo ancora tanto per le auto?

Se tutte le auto vanno uguali, chi sarà disposto a spendere decine e decine di migliaia di euro per un “macchinone” con esattamente le stesse possibilità della più piccola delle utilitarie che costa magari dieci volte meno? I costruttori mondiali, almeno in Europa se non dovessero cambiare le regole, potrebbero essere arrivati ad un bivio epocale, ovvero scegliere se cominciare a chiedere una maggiore libertà (e lasciare quindi le scelte al buon senso umano) od adeguarsi all’estrema sicurezza, che però facilmente porterà ad una drastica riduzione dei modelli di auto (anche dovuta allo scomparire della passione inerente ad esse), e quindi anche dell’economia e dei posti di lavoro che quel mercato riguardano. Siamo sicuri di volere una trasformazione del genere? E sarà economicamente e socialmente sostenibile?

Premesso che ovviamente la potenza non è l’unico parametro con il quale valutare l’acquisto di un’auto (maneggevolezza, confort di guida, qualità degli interni, spaziosità, estetica sono tutti importanti), dal punto di vista della passione per i motori detta proprio in soldoni, fino ad ora le cose sono state più o meno così: noi produciamo auto da 200, 300, 500, 700 cavalli. I limiti ci sono e non vanno superati. Se lo fai sbagli, ma se proprio ci tieni a farlo la possibilità ce l’hai, a tuo rischio e pericolo. Però, se dovessero essere le stesse auto ad escludere questa possibilità, cosa penseranno i clienti e quanto saranno ancora disposti a spendere? La domanda è importante perché questo, pur ancora del tutto ipotetico, è comunque un panorama del tutto nuovo, mai neanche immaginato prima.

Un problema collegato a questo è che se l’Europa dovesse avere regole del tutto differenti dagli altri continenti non si capisce bene come potrebbe sostenere la concorrenza con le produzioni esterne all’UE. In che modo un’auto progettata per il mercato europeo potrebbe rivaleggiare con mezzi molto differenti e dotati di una maggiore libertà di movimento? E poi perché in Europa sì e nel resto del mondo no? La questione non  riguarda solo l’Intelligent speed assist, nel senso che potrebbe cambiare direttamente la progettazione dell’intero veicolo. Perché un produttore dovrebbe investire consistentemente in Ue se le auto dovessero diventare tutto con lo stesso “carattere”? La libertà di movimento è sempre stata collegata alla libertà di produrre. Quale convenienza avrebbe quindi? E su quali modelli di auto potrebbe puntare a parte la classica utilitaria ed una SW per le famiglie? Supersportive, coupè, decappottabili e piccole “bombe” sono destinate a scomparire? Sono tutte domande che per ora restano senza risposta, un’incertezza che solo il futuro potrà risolvere, in un senso o nell’altro.

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