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Makers: chi sono e cosa fanno i nuovi artigiani

I makers: rappresentanti di un movimento dall’indole rivoluzionaria con le loro invenzioni aiutano la società a combattere la crisi economica.

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Quanti di voi, sentendo parlare di Makers, si sono chiesti chi sono e cosa fanno? Se vi siete posti la domanda almeno una volta, questo articolo fa per voi. Tanto per iniziare bisogna dire che sono persone che si interessano di tecnologia, design, arte, ma anche di sostenibilità e modelli di business alternativi. Ma l’aspetto più peculiare, forse il più importante che li contraddistingue, è che tutte queste passioni non sono dei cosiddetti hobby per il tempo libero. I Makers creano, attraverso l’utilizzo della tecnologia, oggetti utili e riproducibili liberamente. I Makers sono dei nuovi artigiani, degli innovatori, dei creativi che lavorano ispirandosi ai principi dell’open source, della libertà della conoscenza, della condivisione e riutilizzazione dei risultati, tanto da diventare i fautori di un vero e proprio modello culturale.

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Makers: si può fare tutto

I Makers hanno progettato e realizzano computer, droni e robot. Ci sono riusciti anche con l’ausilio di quello che può definirsi uno strumento chiave in questa rivoluzione: la stampante 3D. Attraverso di essa, che “stampa” oggetti come una stampante normale stampa fogli, i Makers hanno riprodotto cose impensabili. Un architetto nostrano, Enrico Dini, ha stampato addirittura la barriera corallina, coltivando nel frattempo il sogno di riuscire, un giorno, a stampare abitazioni. Non a caso delle potenzialità di questo strumento si sono accorte anche le grandi industrie e c’è in atto una grande richiesta di figure specializzate che siano in grado di utilizzarle, secondo quanto riportato pochi giorni fa da Forbes.

Ma gli ambiti toccati da questo movimento non sono (solo) quelli della tecnologia e dell’informatica. I Makers hanno utilizzato le loro apparecchiature per lavorare il metallo, il legno, tornando a svolgere tutte quelle attività che si ricollegano all’artigianato tradizionale.
Uno degli obiettivi dei Makers è quello di favorire ed incentivare, attraverso le loro invenzioni e lo sviluppo dei loro dispositivi tecnologici, la produzione di oggetti a costi bassissimi.

I makers e la terza rivoluzione industriale

Ed è proprio la previsione di tale opportunità che in un futuro potrà avere un impatto sull’economia industriale. Niente brevetti, niente esclusive: la creatività e le realizzazioni dei Makers si nutrono e si arricchiscono con le esperienze altrui. Quella dei Makers sta assumendo le sembianze di una terza rivoluzione industriale, nella quale sta tornando in auge l’artigianato, la produzione domestica. Questa rivoluzione sarà possibile attraverso il passaggio dal digitale al reale, attraverso la trasformazione dei bit in atomi, per descriverla usando le parole di Chris Anderson, giornalista americano, direttore di Wired dal 2001 al 2012 e maker. Gli oggetti vengono progettati attraverso un processo collettivo, reso possibile dall’utilizzo di Internet.

Il movimento è nato all’interno degli hackerspace, spazi in cui gruppi di geek, i cosiddetti appassionati di tecnologia e innovazione, collaboravano su progetti di varia natura e condividevano conoscenze, a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, negli Stati Uniti.

Ora i Makers non sono più un fenomeno prettamente americano né più circoscritto a queste élite di pochi nerd, ma si sono diffusi e sono presenti ormai in tutti i continenti. Un Maker celebre è italiano e si chiama Massimo Banzi. Nel 2005 ha fondato Arduino, un progetto dal quale è nato un piccolo computer, delle dimensioni di una carta di credito. Le informazioni relative al sistema di programmazione di Arduino possono essere scaricate da Internet e chiunque mastichi un po’ di pane e tecnologia può utilizzarle per riprodurre questo piccolo computer con cui animare oggetti d’uso comune.

Attraverso la storia di Arduino si può cogliere l’essenza del movimento culturale dei Makers e capire i principi e gli obiettivi delle tecnologie open source: consentire a chiunque di poter creare e riprodurre oggetti. La conoscenza è condivisa, un’invenzione è disponibile e fruibile da chiunque abbia interesse. La Maker culture si diffonde a colpi di FabLab, delle palestre-laboratorio di fabbricazione digitale dove è possibile migliorare le proprie competenze e confrontarsi con gli altri. In un fablab è presente una dotazione di strumenti computerizzati in grado di realizzare dispositivi tecnologici e tutti gli oggetti che, unendo le idee di chi ci lavora, riescono a vedere la luce. In Italia il movimento dei Makers si sta diffondendo sempre più. Sicuramente, la nostra grande tradizione artigianale, se coniugata con la “digital fabrication”, potrà condurre a ottimi risultati, nuova occupazione e nuove eccellenze.

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