La notizia non lascia presagire nulla di buono, ma non deve per questo originare psicosi. A riportarla è stata la Fp Cgil Medici, che ha condotto uno studio che certifica l’inarrestabile invecchiamento dei camici bianchi del Servizio Sanitario Nazionale. In pratica, stando a quanto rilevato dalla ricerca (che ha preso le mosse dall’ultimo conto annuale del 2014), i medici italiani che si aggirano tra i corridoi degli ospedali e quelli impiegati nelle varie postazioni territoriali sarebbero sempre più agée. Più di uno su due avrebbe già spento la 55esima candelina e un numero non proprio irrilevante avrebbe addirittura superato la soglia dei 65 anni. Il che desta – come è facile intuire – qualche preoccupazione, visto che quella del medico resta una delle professioni più dure, delicate e impegnative di tutti i tempi.
Lo studio diffuso, nei giorni scorsi, dalla Fp Cgil ha rilevato che, nel 2014, il 48,9% dei medici italiani (pari a 55.131 unità) aveva superato i 55 anni, il 20% (pari a 23.203 unità) ne aveva più di 60 e l’1,9% (pari a 2.142 unità) più di 65. Ma c’è di più: secondo gli estensori della ricerca, le cose non sono andate migliorando negli ultimi tempi. Anzi: la proiezione del trend sul 2016 ha evidenziato un ulteriore invecchiamento: più della metà dei medici italiani (oltre 55 mila su un totale di 110 mila) avrebbe, infatti, alle spalle ben 55 primavere. E non finisce qui: la panoramica scattata dal sindacato ha rilevato che, quello sanitario, è il settore del pubblico impiego che conta più “vecchi”. E che, nel corso di un decennio, si è invecchiato di più. Se nel 2004, infatti, la media degli over 55 impiegati nel pubblico impiego si fermava al 15,6% e quella dei medici raggiungeva il 17,4%; nel 2014, la quota dei primi è salita al 30,6% e quella dei secondi è levitata fino al 48,9%, crescendo in un decennio di ben 31,5 punti percentuale.
Quali sono le cause
Fin qui le stime, ma cosa ci dice concretamente lo studio condotto dalla Fp Cgil? Che a prendersi cura della nostra salute sono e saranno medici sempre più anziani. Che a causa del blocco del turn over e dell’aumento dell’età pensionabile (fissata a 66 anni e 7 mesi) sono e saranno costretti a rimandare, sempre più in là, la data del loro ritiro. Alla base di tutto, secondo gli estensori dello studio, ci sono i tagli alla Sanità che i governi che si avvicendano continuano a praticare. E che, di fatti, secondo il sindacato, rendono sempre più difficile l’ingresso di giovani medici nel mercato del lavoro. Non solo: il fatto che, per i corridoi degli ospedali, si aggirino soprattutto medici “maturi” – che, a causa del blocco del turn over, possono interagire sporadicamente con le “giovani leve” – lascia presagire che anche la trasmissione del know-how ne esca seriamente ridimensionata. E non si trascuri la frustrazione generale dei medici italiani che devono lavorare con mezzi sempre più risicati, portando a casa uno stipendio che non aumenta da molti anni.
I rischi e le proposte
“Una seria criticità – si legge nello studio realizzato dalla Fp Cgil – è rappresentata dai turni sempre più massacranti che pesano di più sui medici più anziani, a partire dalle guardie e dalle reperibilità di notte (con il 20% svolte anche da medici con oltre 60 anni), con maggiori possibilità di errori, sopratutto nelle ultime ore. Se da un lato, infatti, l’esperienza costituisce una importante risorsa, le capacità fisiche e mentali comunque, di norma, peggiorano con il tempo, e si fanno sentire sopratutto nel lavoro notturno. Va considerato, inoltre, il forte disagio per chi è costretto, nonostante l’età avanzata, a lavorare sempre più solo. Un insieme di fattori che ha riflessi sulla qualità del servizio offerto, in particolare nei Pronto Soccorso”. Il quadro non proprio incoraggiante ha spinto il sindacato ad avanzare delle proposte, a partire dalla richiesta di un finanziamento, di almeno 113 miliardi di euro per il 2017, necessario per garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria. Ma non basta: la Fp Cgil ha chiesto anche di sbloccare il turn over in tutte le Regioni, di superare il precariato e di rinnovare il contratto bloccato da 7 anni.
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